9 dicembre: giornata mondiale contro la corruzione

Roberto Del Longo e Lucia Volanti – consulenti GÉODE

La Transparency International, autorevole associazione non governativa e no profit impegnata nella lotta alla corruzione, redige annualmente un indice di percezione della corruzione nel settore pubblico e nella politica di numerosi Paesi nel mondo (Corruption Perception Index – CPI). Questo indice della corruzione, che nel 2009 ha interessato 180 Paesi, ha visto l’Italia posizionarsi al 63° posto in graduatoria, subito dopo la Turchia e pari merito dell’Arabia Saudita. La situazione italiana è decisamente negativa se si considera che, da una classifica in cui ciascun Paese può ottenere una votazione che va da 0 (massima corruzione) a 10 (assenza di corruzione), l’Italia ha ottenuto una votazione di 4.3, con una perdita di ben otto posizioni in graduatoria rispetto all’anno precedente. Paesi quali la Germania e la Francia si sono posizionati rispettivamente al 14° (voto 8) e 24° posto (voto 6.9), molto distanti dalla situazione italiana, notevolmente al di sotto di un’ipotetica sufficienza.
Sarebbe utile a questo punto fare chiarezza su cosa si intenda per “corruzione”.
La definizione di corruzione più accreditata vede la corruzione quale “abuso di potere pubblico per interessi privati, ottenibile tramite l’offerta ad un pubblico ufficiale di qualsiasi bene di valore, tangibile o intangibile”.
A noi di GÉODE che tutti i giorni entriamo in azienda è sorto spontaneo porsi qualche domanda.


Quali risvolti ha nello specifico un livello di corruzione così alto per le aziende che operano nel territorio nazionale?
Possono queste aziende dare un contributo al miglioramento di questa situazione?


Le aziende che svolgono la loro attività  in un Paese ad alto indice di corruzione  sono costrette ad operare in un mercato concorrenzialmente distorto. La concorrenza, difatti, viene distorta dai soggetti corruttori i quali, nonostante siano disonesti e spesso meno capaci dei soggetti onesti, ottengono agevolazioni nelle gare, negli appalti e nelle concessioni in genere.
In tal modo le aziende, a causa dell’alto livello di corruzione del Paese, vedranno progressivamente ridursi gli investimenti esteri, poiché gli investitori, soprattutto se provenienti da Paesi con una cultura della legalità particolarmente marcata, saranno più restii nell’avventurarsi in tale mercato.
Altro fattore da non sottovalutare è che la corruzione genera notevoli costi indiretti per le imprese.
Basti pensare che la Banca Mondiale ha stimato un incremento dei costi di circa il 10% per le imprese a causa dell’elevato livello di corruzione presente nel paese.
Altro effetto della corruzione di un paese è che questa possa influire direttamente sulla concorrenzialità dei prodotti provenienti da quella nazione o che danneggi l’immagine complessiva del settore.
È quello che sta succedendo, ad esempio, per uno standard di certificazione di prodotto in legno (PEFC) che sta valutando l’opportunità di inserire indici di valutazione del prodotto che tengano conto anche del livello di corruzione generale del Paese dal quale provengono, poiché vi è maggiore probabilità che, provenendo da tali Paesi, abbiano un’origine illegale.
Ecco quindi che l’indice di corruzione (CPI) potrà colpire e danneggiare i boschi italiani e le molte aziende della filiera, dalla segheria al produttore di mobili alla carpenteria che posa i tetti in legno.

Da parte loro le aziende che strumenti hanno a disposizione?
Ce ne sono diversi, alcuni hanno lo scopo di impedire che sia internamente che esternamente  vengano attuati comportamenti diretti alla corruzione.
Tra questi il più importante è il Modello di Gestione secondo il D.Lgs.231/2001 che dota l’azienda di un sistema di procedure, controlli e norme comportamentali idonee alla prevenzione dei reati tra cui quello di corruzione  e concussione.
Altri strumenti sono riconducibili alla Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) quali il codice etico e la certificazione SA8000, tramite i quali le organizzazioni posso formalizzare, oltre al loro impegno a contrastare attività corruttive e situazioni di conflitto d’interesse interne ed esterne all’azienda, anche i comportamenti etici che i loro dipendenti devono mantenere. Non vi è dubbio, difatti, che integrando la lotta alla corruzione nel mondo imprenditoriale all’interno di una politica aziendale impostata all’etica e implementata a tutti i livelli sia possibile agire in maniera più concreta ed efficace contro questo fenomeno.

Nonostante tutte queste considerazioni, noi di GÉODE riteniamo che la soluzione efficace per la lotta alla corruzione può essere trovata attraverso la diffusione di un maggiore senso civico tra i cittadini italiani, siano essi imprenditori, manager o semplici dipendenti. Difatti solamente se  il mondo economico, oltre che quello politico, sarà in grado di porsi come modello di onestà e legalità, questo processo di lotta alla corruzione, seppur lungo ed insidioso, avrà certamente maggiori possibilità di successo.

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